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Alcune considerazioni
sul teatro in rete


L'articolo che segue e' a cura di
Maia Borelli



Vorrei fare una provocazione paragonando il web al grande palcoscenico dove va in scena oggi lo spettacolo del mondo, in tutta la sua sconsolante miseria e invadente abbondanza. Se questo può essere accettato, almeno al livello di una metafora, cerchiamo di capire cosa stia succedendo in rete utilizzando l’arte della rappresentazione per eccellenza, il teatro.

Primo punto di contatto tra il mondo dei teatri e il mondo della rappresentazione digitale contemporanea è il concetto di virtualità. Non dobbiamo pensare alla virtualità solo come VR, realtà virtuale, ovvero invenzione di ambienti artificiali per i videogiochi e per usi militari, ma come ad un concetto che ha radici antiche e profonde. Virtuale vuole dire fare come se fosse, e in questo gioco l’attore e il suo regista sono da sempre maestri. Il primo luogo del virtuale è stato infatti lo spazio della narrazione e del teatro, che è spazio sia fisico che mentale. Io penso che lo spettacolo teatrale sia un grande momento di scambio tra individui, mediato dalla narrazione, visiva. parlata e agita, e che questa virtualità condivisa, che sta alla base del teatro, dia luogo ad un’esperienza umana che può essere molto significativa. Il gioco che si svolge tra l’attore e lo spettatore in teatro é sempre stato in definitiva un gioco di continuo rimando tra reale e virtuale, dato che il luogo ultimo dello spettacolo è da qualche parte nella testa dei suoi spettatori. Infatti, anche se la rappresentazione teatrale si svolge in uno spazio e un tempo ben definiti, l’esperienza che se ne ricava è senza dubbio virtuale: interna, immateriale e individuale, e coinvolge tutti i sensi. Si tratta di capire se oggi si possa usare la rete per significative ed efficaci esperienze sociali, come è per uno spettacolo teatrale.

Ora voler lasciare ai programmatori di mondi virtuali il controllo totale sulle forme e i modi della odierna ed invadente realtà virtuale, senza indagare sulle possibilità che la nostra immaginazione ha di spremere dalla rete altri momenti di scambio tra individui, altri luoghi dell’esperienza umana e altri corti circuiti creativi, vuol dire per me rinunciare ad adattare al mondo contemporaneo la forza dirompente della millenaria sapienza teatrale. Se dal pensiero teatrale si possono derivare elementi utili all’analisi dell’esperienza umana mediata dal computer, allora l’occupazione di spazi digitali da parte di queste nuove comunità teatrali, la creazione di strani eventi teatrali sul web, di cui si sta cominciando a parlare, non può che essere proficua e portatrice di nuovi sensi per il teatro contemporaneo.

Proviamo a vedere se la combinazione di interattività, partecipazione psichica e nuova intimità relazionale, che è caratteristica di alcune esperienze vissuta nel cyberspazio, può fornire la base per lo sviluppo di una nuova cultura artistico-teatrale.

La diffusione e il moltiplicarsi degli scambi sociali e delle esperienze umane vissute grazie al computer sembrano dimostrare che lo spazio tecnologico può "funzionare" come rappresentazione della realtà odierna, favorendo in parte la socialità e le relazioni affettive e psichiche tra le persone giovani. Dato che il nostro agire percettivo è sempre partecipativo, nel senso che siamo noi a scegliere che importanza dare a quello che percepiamo, si tratta di stabilire se l’esperienza vissuta in uno spazio tecnologico funzioni - o meno - come rappresentazione plausibile, non di una generica realtà, ma piuttosto della nostra percezione della realtà. E questo ognuno lo può stabilire autonomamente, scegliendo o meno di sperimentare questo tipo di esperienze e ricavandone o meno la propria soddisfazione personale. Si può arrivare alla strana contraddizione di poter comunicare più facilmente, e a volte con maggiore profondità, in assenza di corpi e di contatto fisico piuttosto che in presenza. Sembra paradossale, ma è un dato di fatto della realtà contemporanea. Internet, con i suoi forum, le sue chat, i suoi incontri tra sconosciuti, sembra permettere un’esperienza di rappresentazione che è individuale e collettiva insieme e che sta lasciando un segno nella vita di molte persone. Per quanto immateriale, l’esperienza vissuta grazie alla rete è da catalogare come reale perché è vissuta veramente e con intensità dalla comunità dei partecipanti.

Aldilà del teatro, sulla rete si incontrano da un po’ di tempo forme performative e di creatività appartenenti ad ambiti disciplinari differenti: arti visive, video, danza e quant’altro, identificate sotto l’etichetta della cosiddetta Netart. Queste diverse ricerche si intrecciano in modo transdisciplinare con il mondo del teatro, attraverso progetti che ruotano intorno alla necessità di ridefinire il corpo dell’attore e di considerare le sue protesi tecnologiche come estensioni del suo sistema sensoriale all’interno di ambienti digitali. Per chi sperimenta in rete, lo spazio digitale può effettivamente essere uno dei luoghi dell’esperienza umana e la partecipazione interattiva dello spettatore, resa possibile dalla connessione, può apportare modifiche alle modalità della narrazione teatrale o, a volte, allo svolgimento stesso dello spettacolo.

In conclusione: guardare a Internet come se fosse uno spettacolo permette di applicare il punto di vista del teatro ad un medium che è stato impropriamente assimilato alla televisione, mentre è un mezzo di comunicazione del tutto differente. Trovare un altro punto di vista per osservare il fenomeno Internet e le sue implicazioni sociali può dare la possibilità di sperimentarne un uso produttivo-creativo molto diverso da quello riproduttivo-manipolatorio a cui sembrava destinato.

Il teatro può essere uno del luoghi di critica sociale, per esercitare la nostra estraneità dall’uso dei nuovi media come strumento di propagazione di un pensiero dominante in cui stentiamo a riconoscerci. Ancora di più oggi, con la difficile situazione politica internazionale in cui ci troviamo, il teatro può essere, come ha scritto giustamente Fabrizio Cruciani "lo spazio a parte in cui si esaltano quei valori di interrelazione faticosamente e drammaticamente riconquistati alla negazione quotidiana".

Maia Borelli

Riquadro sui siti

Sulla scena internazionale sono significative le esperienze del progetto Arts in Multimedia, curato dalla Brooklin Academy of Music di New York, le attività dello ZKM , centro per arte e media diretto da Peter Weibel in Germania, i laboratori di ricerca scientifica del MIT di Boston, oltre ai tentativi più o meno riusciti di gruppi che si autodefiniscono teatrali come George Coats Performance Group, Electronic Disturbance Theatre, DeskTop Theatre, Surveillance Camera Players, Plaintext Players, Fakeshop, Gertrude Stein Repertory Theatre, Franklin Furnace, o di singoli performer come Stelarc o il nostrano Giacomo Verde con ZoneGemma. L’esperienza più istituzionale è forse quella realizzata nel 2001 da un gruppo di artisti e di tecnici di New York che porta lo strano titolo di The Technophobe and the Madman, primo musical via Internet.


© pagine a cura di Linda Giannini