Al
chiaro di luna aveva lasciato la torre più alta del castello.
Una
strega dispettosa lo aveva rinchiuso lassù, da lungo tempo,
permettendogli di uscire solo nelle notti di luna piena.
La
strega era brutta come una mela con la muffa e sul lungo naso
aveva un grosso brufolo. Non sopportava le risate dei bambini,
i loro disegni colorati, la loro felicità. Era gelosa di
lui perché grande amico dei bambini mentre lei, quando
ne incontrava uno, si riempiva di croste ed eczemi tanto da grattarsi
giorno e notte.
Gessetto
era il folletto del castello. Saltellava leggero sopra i merli
delle mura con il suo buffo cappello a punta e la bacchetta magica
dai tre campanelli.
Quella
notte di luna era sceso a capriole in via Roma per accontentare
i desideri inascoltati dei bambini e aveva lasciato sull’asfalto
tanti mucchietti di gessi colorati.
Alcuni
li aveva posati davanti al palazzo del governo della città;
altri lungo l’acciottolato cha da piazza Antenna sale verso le
torri scaligere, tanti in piazzetta dei Grani, tantissimi accanto
alla gelateria e al negozio di giocattoli e dolciumi, dove i desideri
e i capricci dei bambini sostano a lungo.
"Chissà
come saranno felici quando li troveranno!" pensava "Potranno
disegnare i loro sogni".
Per
preparare i gessetti aveva consultato un vecchio libro e chiesto
consigli alla fata dei Fiori,....
...
che abitava tra i ruderi del vicino castello di Illasi: in fatto
di colori era davvero esperta!
La
fata portava sempre con sé una borsetta con dentro il
necessario per curare i fiori dei prati. Ogni anno, prima che
arrivasse l’inverno, prendeva un grande baule e, recitando la
formula magica, catturava i colori e li lasciava riposare fino
all’arrivo della primavera:
“Violetta, tulipano, tarassaco e fiordaliso
ranuncolo, zinnia e narciso
orchidea, garofano e malvarosa
girasole, astro e rosa.
Petunia, croco e giglio tigrato
campanula, papavero e giacinto del prato
polvere di stelle, nero della notte e blu del mare
venite, qui vi potrete riposare
fino a quando l’inverno si stancherà
e la primavera piano si risveglierà”.
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Per
preparare il rosso e l’arancione, Gessetto catturò due
raggi di sole al tramonto e, con il profumo di una foglia di
menta, ottenne un verde smeraldo.
Il
blu nacque da una goccia del mare, mentre un topino gli prestò
il grigio della sua coda. Per il nero attese con pazienza la notte
e ne prese un pezzetto; poi mescolò briciole di luna e
di stelle ed ecco…il giallo!
Il
bianco invece uscì da una goccia di latte ed un pesco gli
regalò il rosa anticipando un bocciolo di primavera.
Era
autunno e quindi raccolse un po’ di marrone rimasto nel grembiule
di lavoro delle foglie. E il viola? Gli bastarono i petali di
una mammola, prima di fare un saltino in cielo a catturare gli
azzurri.
Posati
i gessetti, il folletto tracciò sull’asfalto piccoli disegni
d’invito e si affrettò a risalire verso la torre, proprio
mentre l’aurora gettava un’onda di luce d’oro sui tetti della
città.
Fu
così che Lorenzo, uscito di casa come ogni mattina per
andare a scuola, vide disegnata sull’asfalto una barchetta rosa
e poi un cavallino azzurro e, qualche passo più in là,
un tappeto d’erba pieno di fiori.
"Ma
chi li avrà disegnati?" disse il bambino.
"Io
lo so" gli rispose Celestina, la nonna che abitava vicino
al Palazzo di Giustizia, vedendolo incantato davanti ai disegni:
"E’ stato il folletto del castello. Ieri notte c’era la luna
piena ed è uscito a fare il suo giretto sbarazzino!".
"Ma
questo folletto, com’è?" le chiese Lorenzo.
"Oh,
è una creaturina allegra, si infila dentro le nuvole per
rincorrerle, di qua e di là, come fa il vento. Passa di
casa in casa, dal borgo Covergnino fino alla Bassanella, per cogliere
i sogni dei bambini, non appena in cielo la luna d’argento diventa
rotonda come una palla. A volte gioca senza farsi vedere: si nasconde
tra le stanze del castello e fa gli scherzi agli innamorati e
ai turisti curiosi" raccontò Celestina "Mi ricordo
che una volta…"
Lorenzo
non l’ascoltava più: corse a scuola a dire tutto d’un fiato
ai compagni quello che aveva visto e sentito.
Allora
i bambini e le maestre uscirono alla ricerca delle tracce lasciate
dal folletto la notte precedente. Lungo la via trovarono tanti
gessi e nastri colorati e, nelle loro piccole mani, i segni diventarono…sogni.
"Quello
rosa era chiaro, leggero…"
"Il
bianco si vedeva bene, era liscio"
"La
polverina nera della carbonella mi faceva tossire… "
"Il
gesso giallo era morbido morbido"
"Anche
il verde si stendeva senza fatica"
"Invece
il rosso era forte e sull’asfalto faceva un bel rumore!"
L’allegro
trambusto e la fantasia dei piccoli fecero sognare i passanti
ed anche i vigili urbani, i proprietari dei negozi e tanti genitori,
accorsi a vedere i disegni dei loro figli.
Per
gioco qualcuno cominciò a scrivere il suo sogno su un foglietto
di carta e ad annodarlo al nastro accanto a quello di un altro,
un altro, un altro sogno ancora…sino a formare una lunga striscia
multicolore piena di sogni raccolti per strada.
A
questo punto, forse, vi chiederete dove sono finiti i disegni.
Alcuni
se li è portati via la pioggia, che alla sera era scesa
sottile cancellandoli.
I
colori avevano imbrattato le vie e il vento aveva fatto volare
i nastri che, inzuppati d’acqua, intasarono i tombini e l’animo
dei malcontenti.
Chi
aveva invocato la pioggia e il vento era stato questo poco di
buono…per seminare discordia nella città.
Ma,
cancellati i disegni e l’allegria dei bambini, restò il
gomitolo dei loro sogni annodati di messaggi ed essi desiderarono
trasformarli in realtà!
"Oh,
se i grandi pensassero un po’ di più a noi bambini"
dicevano "forse Soave sarebbe ancora più bella ed
ospitale".
Allora
uscirono a rivedere il cuore antico della loro piccola città.
Ne riscoprirono così il volto segreto che, ancora oggi,
parla e si racconta dentro i vicoli, sulle piazze, nelle vie.
Il
folletto curioso li osservava dal mastio del castello mentre felici
progettavano e disegnavano Soave con le piccole forme e i colori
dei grandi desideri.
Lorenzo
aveva chiesto a un gruppo di esperti nell’arte dell’inventare,
disporre, ben costruire e conservare gli edifici di dare forma
alle idee dei suoi compagni.
E
così le proposte dei bambini furono accolte in un progetto
dei "grandi", affinché tutti, nella città,
potessero finalmente ritrovare con gioia gli Spazi del Tempo perduto.
"Mi
piacerebbe che porta Verona avesse un ponte levatoio sopra un
fossato, dentro il quale il fiume Tramigna potrebbe scorrere tranquillo.
Potremmo così entrare a piedi in città mangiandoci
un gelato".
"Vorrei
che nel centro storico si potessero rivivere i passi che facevano
le guardie medievali quando erano di vedetta sulle torri.
Si
potrebbero risanare le mura per poterci camminare sopra, da una
porta all’altra, protetti da una ringhiera, così da poter
fare il giro del paese e vedere il panorama dall’alto".
Museo
dentro le torri
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Progetto
dei bambini |
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Progetto degli architetti
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"Vorrei
un museo che esponga oggetti, vestiti, arnesi e ritratti dell’epoca
medievale, ma anche gli attrezzi che usavano i nostri nonni nel
lavoro dei campi".
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Progetto
dei bambini |
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Progetto degli architetti |
"Sarebbe
bello illuminare via Roma con dei lampioni adatti, così
alla sera l’immagine del centro storico sarebbe più suggestiva".
= Progetto dei bambini |
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=
Progetto degli architetti |
"Se
il fiume Tramigna fosse più pulito i pesci vivrebbero a
lungo e si potrebbero pescare. A noi piacerebbe anche che ci fossero
più paperette e cigni"
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Progetto
dei bambini |
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Progetto degli architetti
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"Desideriamo
un parco giochi più accogliente e meno sporco, ma soprattutto
vorremmo che gli angoli riservati ai piccoli fossero rispettati.
Si
potrebbero piantare alberi nuovi e mettere questi giochi: dondoli,
castello di legno, un angolo per la sabbia, giostre, scivoli e
altalene. Vorrei anche qualche pista ciclabile perché alcune
strade sono pericolose per andare in bici".
"Mi
piacerebbe via Roma senza auto e motorini, decorata con piastrelline
come in un mosaico. Ai lati si potrebbero mettere delle fioriere
e io bandirei un concorso a premi per il balcone fiorito più
bello."
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Progetto
dei bambini |
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Progetto degli architetti |
"Mi
piacerebbe che piazza mercato dei Grani diventasse la piazza dei
bambini, con le aiuole colorate e un parcheggio per le biciclette.
Si potrebbe costruire anche una fontana con l’acqua bella limpida
e dei pesci dentro, e sistemare intorno alcune panchine e dei
lampioni. Ci vorrebbe poi qualche cartello con il divieto di sosta
per le auto e perché le persone non gettino le carte per
terra.
Potremmo
giocare ai giochi di una volta: la corda, le biglie, la campana,
salta mussa, i "saseti"…
Una
volta al mese io farei il nostro mercatino dove potremmo vendere
giornalini, libri e giocattoli usati".
"Ecco"
disse Gessetto "gli spazi del tempo passato rivivono nei
piccoli uomini del futuro".
Ancora
una volta il folletto aveva ascoltato i bambini, ne aveva raccolto
i desideri riavvolgendoli nel suo lungo gomitolo, che aveva portato
con sé nella torre più alta del castello.
"Lo
terrò" pensò "perché, quando diventeranno
grandi, non dimentichino i loro desideri bambini. Allora lo srotolerò,
davanti ai loro occhi felici, ed essi realizzeranno finalmente
quel sogno Soave di piccolo segno".
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