Vorrei fare
una provocazione paragonando il web al grande palcoscenico
dove va in scena oggi lo spettacolo del mondo, in
tutta la sua sconsolante miseria e invadente abbondanza.
Se questo può essere accettato, almeno al
livello di una metafora, cerchiamo di capire cosa
stia succedendo in rete utilizzando l’arte della
rappresentazione per eccellenza, il teatro.
Primo punto
di contatto tra il mondo dei teatri e il mondo della
rappresentazione digitale contemporanea è
il concetto di virtualità. Non dobbiamo
pensare alla virtualità solo come VR, realtà
virtuale, ovvero invenzione di ambienti artificiali
per i videogiochi e per usi militari, ma come ad
un concetto che ha radici antiche e profonde. Virtuale
vuole dire fare come se fosse, e in questo
gioco l’attore e il suo regista sono da sempre maestri.
Il primo luogo del virtuale è stato infatti
lo spazio della narrazione e del teatro, che è
spazio sia fisico che mentale. Io penso che lo spettacolo
teatrale sia un grande momento di scambio tra individui,
mediato dalla narrazione, visiva. parlata e agita,
e che questa virtualità condivisa,
che sta alla base del teatro, dia luogo ad un’esperienza
umana che può essere molto significativa.
Il gioco che si svolge tra l’attore e lo spettatore
in teatro é sempre stato in definitiva un
gioco di continuo rimando tra reale e virtuale,
dato che il luogo ultimo dello spettacolo è
da qualche parte nella testa dei suoi spettatori.
Infatti, anche se la rappresentazione teatrale si
svolge in uno spazio e un tempo ben definiti, l’esperienza
che se ne ricava è senza dubbio virtuale:
interna, immateriale e individuale, e coinvolge
tutti i sensi. Si tratta di capire se oggi si possa
usare la rete per significative ed efficaci esperienze
sociali, come è per uno spettacolo teatrale.
Ora voler
lasciare ai programmatori di mondi virtuali il controllo
totale sulle forme e i modi della odierna ed invadente
realtà virtuale, senza indagare sulle possibilità
che la nostra immaginazione ha di spremere dalla
rete altri momenti di scambio tra individui, altri
luoghi dell’esperienza umana e altri corti circuiti
creativi, vuol dire per me rinunciare ad adattare
al mondo contemporaneo la forza dirompente della
millenaria sapienza teatrale. Se dal pensiero teatrale
si possono derivare elementi utili all’analisi dell’esperienza
umana mediata dal computer, allora l’occupazione
di spazi digitali da parte di queste nuove comunità
teatrali, la creazione di strani eventi teatrali
sul web, di cui si sta cominciando a parlare, non
può che essere proficua e portatrice di nuovi
sensi per il teatro contemporaneo.
Proviamo
a vedere se la combinazione di interattività,
partecipazione psichica e nuova intimità
relazionale, che è caratteristica di alcune
esperienze vissuta nel cyberspazio, può fornire
la base per lo sviluppo di una nuova cultura artistico-teatrale.
La diffusione
e il moltiplicarsi degli scambi sociali e delle
esperienze umane vissute grazie al computer sembrano
dimostrare che lo spazio tecnologico può
"funzionare" come rappresentazione della
realtà odierna, favorendo in parte la socialità
e le relazioni affettive e psichiche tra le persone
giovani. Dato che il nostro agire percettivo è
sempre partecipativo, nel senso che siamo noi a
scegliere che importanza dare a quello che percepiamo,
si tratta di stabilire se l’esperienza vissuta in
uno spazio tecnologico funzioni - o meno - come
rappresentazione plausibile, non di una generica
realtà, ma piuttosto della nostra percezione
della realtà. E questo ognuno lo può
stabilire autonomamente, scegliendo o meno di sperimentare
questo tipo di esperienze e ricavandone o meno la
propria soddisfazione personale. Si può arrivare
alla strana contraddizione di poter comunicare più
facilmente, e a volte con maggiore profondità,
in assenza di corpi e di contatto fisico piuttosto
che in presenza. Sembra paradossale, ma è
un dato di fatto della realtà contemporanea.
Internet, con i suoi forum, le sue chat, i suoi
incontri tra sconosciuti, sembra permettere un’esperienza
di rappresentazione che è individuale e collettiva
insieme e che sta lasciando un segno nella vita
di molte persone. Per quanto immateriale, l’esperienza
vissuta grazie alla rete è da catalogare
come reale perché è vissuta veramente
e con intensità dalla comunità dei
partecipanti.
Aldilà
del teatro, sulla rete si incontrano da un po’ di
tempo forme performative e di creatività
appartenenti ad ambiti disciplinari differenti:
arti visive, video, danza e quant’altro, identificate
sotto l’etichetta della cosiddetta Netart.
Queste diverse ricerche si intrecciano in modo transdisciplinare
con il mondo del teatro, attraverso progetti che
ruotano intorno alla necessità di ridefinire
il corpo dell’attore e di considerare le sue protesi
tecnologiche come estensioni del suo sistema sensoriale
all’interno di ambienti digitali. Per chi sperimenta
in rete, lo spazio digitale può effettivamente
essere uno dei luoghi dell’esperienza umana e la
partecipazione interattiva dello spettatore, resa
possibile dalla connessione, può apportare
modifiche alle modalità della narrazione
teatrale o, a volte, allo svolgimento stesso dello
spettacolo.
In conclusione:
guardare a Internet come se fosse uno spettacolo
permette di applicare il punto di vista del teatro
ad un medium che è stato impropriamente assimilato
alla televisione, mentre è un mezzo di comunicazione
del tutto differente. Trovare un altro punto di
vista per osservare il fenomeno Internet e le sue
implicazioni sociali può dare la possibilità
di sperimentarne un uso produttivo-creativo molto
diverso da quello riproduttivo-manipolatorio a cui
sembrava destinato.
Il teatro
può essere uno del luoghi di critica sociale,
per esercitare la nostra estraneità dall’uso
dei nuovi media come strumento di propagazione di
un pensiero dominante in cui stentiamo a riconoscerci.
Ancora di più oggi, con la difficile situazione
politica internazionale in cui ci troviamo, il teatro
può essere, come ha scritto giustamente Fabrizio
Cruciani "lo spazio a parte in cui si esaltano
quei valori di interrelazione faticosamente e drammaticamente
riconquistati alla negazione quotidiana".
Maia Borelli
Riquadro
sui siti
Sulla scena
internazionale sono significative le esperienze
del progetto Arts in Multimedia, curato dalla
Brooklin Academy of Music di New York, le attività
dello ZKM , centro per arte e media diretto
da Peter Weibel in Germania, i laboratori di ricerca
scientifica del MIT di Boston, oltre ai tentativi
più o meno riusciti di gruppi che si autodefiniscono
teatrali come George Coats Performance Group,
Electronic Disturbance Theatre, DeskTop Theatre,
Surveillance Camera Players, Plaintext Players,
Fakeshop, Gertrude Stein Repertory Theatre, Franklin
Furnace, o di singoli performer come Stelarc
o il nostrano Giacomo Verde con ZoneGemma.
L’esperienza più istituzionale è forse
quella realizzata nel 2001 da un gruppo di artisti
e di tecnici di New York che porta lo strano titolo
di The Technophobe and the Madman, primo
musical via Internet.