In
occasione del corso di aggiornamento nazionale residenziale per
docenti di scuola elementare, media ed educazione degli adulti,
istituito dal MPI, ho elaborato delle mie personali riflessioni
arricchendole in una seconda parte di idee relative al supporto
telematico. E’ naturale che il presente progetto consideri almeno
nei punti essenziali il perché sia importante insegnare la
storia del ‘900, considerando sempre in primo luogo la necessità
che l’atto educativo sia sempre più rispondente alle esigenze
del discente e in sincronia con il suo mondo.
Partire
dalla domanda che ormai da tempo sta agitando tutti gli studiosi
di ogni ordine e grado e l’Italia nella sua complessità,
"Bisogna insegnare il ‘900?", giova certamente a meglio comprendere
l’esplicitazione successiva alla quale siamo pervenuti grazie al
valido contributo dei docenti intervenuti nei singoli seminari dal
2 al 7 marzo c.a. presso il Liceo Scientifico "Ettore Majorana",
a Latina.
Stabilita,
a priori, la necessità che negli ultimi anni di ogni corso
di studi bisogna dedicare maggiore spazio allo studio del ‘900,
nasce anche una seconda e più importante affermazione che
suggerisce che lo studio della storia del ‘900, senza un allineamento
generale delle altre discipline, comporta comunque delle difficoltà.
La
guerra di liberazione, la seconda guerra mondiale fino alla carta
costituzionale, i cui primi dodici articoli costituiscono un inno
all’uomo, sono cause ed effetto nel sociale. Il rispetto degli altri
è infatti un valore che accomuna tutte le società
ma è frutto di una conquista storica.
Rinnovare
la scuola in tali termini, cioè considerare l’insegnamento
della storia come una spiegazione del presente e, non solo come
testimonianza delle nostre radici, comporta un rinnovamento più
corposo della formazione degli insegnanti, tenendo conto di
- rigorosità
dei contenuti scientifici;
- individuazione
dei nodi essenziali;
- orientamento
- assistenza (cioè valido coordinamento incentrato a
rispondere ai bisogni sul territorio);
- esperienza
(non solo formativa, ma anche didattica).
E’
naturale, soprattutto per docenti di scuola elementare, affermare
che sia del tutto necessario partire da qualcosa di più facilmente
rapportabile al vissuto dei bambini e, in effetti in qualche modo
abbiamo già iniziato a rispondere alla domanda che ci siamo
posti fin dall’inizio (bisogna insegnare il ‘900?) , perché
è da qui che nasce la necessità di studiare la contemporaneità.
E’ un sapere in corso di costruzione che, al di là di una
selezione di fonti preesistenti, ci permette di confrontare le
versioni dei protagonisti; in poche parole, aggiungerei,
che abbiamo certamente una diversa varietà e ricchezza di
fonti che partendo dall’io minimalista, ci aiuta a comprendere
la macro-storia.
Il
70% delle conoscenze dei ragazzi proviene dai mass-media e comprendere
un testo scritto e/o una fotografia induce un diverso modo di procedere;
lo studio della storia, da questo punto di vista, aiuta molto alla
riformulazione dei processi di rielaborazione delle conoscenze,
ponendo quindi in essere la possibilità di acuire le proprie
capacità critiche (a questa finalità, d’altro canto,
dovrebbe aspirare la scuola...). Le attività di rielaborazione
e di ristrutturazione delle conoscenze precedenti, richiede naturalmente
una conoscenza da parte dei docenti, di tipo economico, sociale
e politico, conoscenze, come dicevamo prima, che abbiano come caratteristica
principale, la rigorosità scientifica. Se partiamo dal fatto
che i bambini danno molto peso agli elementi appariscenti, si comprende
anche perché le istituzioni, in un’epoca di alta tecnologia,
presentano non pochi anacronismi. Da qui la duplice necessità
dello studio della storia del ‘900 e di una formazione docenti,
come dicevamo prima, che abbia la caratteristica della rigorosità
scientifica accanto naturalmente alla capacità di individuare
i nodi essenziali per un orientamento completo ed esauriente, in
rapporto ai bisogni sul territorio. Relativamente a quanto finora
detto, c’è stato anche chi ha mosso delle critiche rapportabili
alle potenzialità non ancora esplicitate, ma che sono in
essere del bambino, facendo scivolare il discorso sulla considerazione
che la storia non è pertanto insegnabile fino all’età
di 15 anni. Affermazione più che mai inesatta, direi, se
si considera che i metodi di raccolta dati e la capacità
generale di ragionamento formale si muovono a favore della scoperta
di modi di ragionamento specifici. I racconti, così come
anche il Bruner diceva, consentono di individuare ciò che
è canonico, straordinario e regolare
e, conseguentemente, di disporre di intrecci alla luce dei quali
i singoli eventi acquistano significato.
Alla
luce della riforma che porterà la scuola verso l’Autonomia,
e con il Riordino dei cicli, sparirà il concetto che,
per parlare di storia, sia necessario partire dalla preistoria.
E’ questa in effetti la grande innovazione, che dovrebbe finire
con lo sfornare giovani che non siano capaci di riconoscere le proprie
radici e, ancor peggio, che non sappiano orientarsi verso idee
personali Coscienti. Annullato il punto di partenza che vede
la preistoria a capo di un procedimento didattico storico, e quindi
l’asse, ritenuta fino ad oggi corretta e coerente dal passato
al presente e non viceversa, quale tipo di storia bisogna privilegiare
e quale asse temporale è necessario adottare per evitare
che si perda la coscienza storica del nostro divenire? Partendo
da una didattica modulare, i saperi vengono spizzicati per ricompattarli
alla fine del processo educativo: è necessario quindi l’individuazione
di rilevanze dalle quali ne verrà fuori un iter formativo.
La storia è biografia dell’azione, e pertanto costituisce
un percorso di entità razionale: la storia del ‘900, nello
specifico, è difficile da insegnare perché tale percorso,
ad oggi, è stato possibile tracciarlo in virtù del
fatto che la microstoria poteva essere introiettata nella sua macro.
Fino al secolo precedente, dal nostro continente si poteva leggere
la storia planetaria, mentre il XX secolo è il secolo del
declino del nostro continente, per cui la prospettiva eurocentrica
non consente di guardare il mondo e costruire una entità
razionale del percorso storico. Attraverso l’analisi delle rilevanze,
è possibile però superare tali limiti e, in base alle
prime, ripercorrere, giunti al passato dal presente, il passato
verso il presente arricchendolo (il presente) di dettagli che completano
la sua visione in maniera critica e cosciente. Sono stati individuati
sei punti fondamentali delle rilevanze storiche del ‘900, che riportiamo,
in maniera succinta:
- E’
un secolo di massa (una società di massa, in cui la popolazione
tutta partecipa e/o desidera partecipare attivamente alla vita
sociale);
- Uno
dei fattori principali della massificazione è
la crescita della popolazione; questa, diffusa in maniera difforme,
è direttamente proporzionale alle zone di sviluppo e
di impoverimento; ad oggi invece, la crescita demografica è
inversamente proporzionale alla sviluppo economico, anzi è
maggiore nel terzo mondo;
- L’altro
grande motore della massificazione è il capitalismo:
c’è una congrua differenza tra il capitalismo dell’800
e quello del ‘900, il Fordismo e il Taylorismo sono una chiara
espressione; la fabbrica diventa gigantesca non solo perché
è un concentrato di alta tecnologia, ma anche perché
è fatta di uomini e donne. La società di massa
è soprattutto una società di massa di consumo:
gli uomini e le donne che producono, non sono sganciati dal
consumo di ciò che essi stessi producono.
- Il
tempo libero e il tempo di lavoro sono distinti: il tempo libero
è un tempo dedicato al consumo, ma è anche un
tempo di riposo ed è questa la grande novità del
XX secolo. Il tempo libero è anche il tempo della politica.
L’uomo, infatti tende alla partecipazione politica ed il XX
secolo è il secolo della democratizzazione della politica,
cioè le masse sono oggetto e soggetto di essa: scompare
quindi la politica di élite.
- Il
Totalitarismo Moderno è una risposta alla domanda di
inclusione da parte della massa alla partecipazione politica
ed è una conseguenza inevitabile che tale totalitarismo
abbia portato ad una risposta autoritaria che, prescindendo
dalle diversificazioni sociali - territoriali, si sia identificata
nel fascismo e nel comunismo.
- L’uomo
del XX secolo progetta il suo futuro, in effetti la prima guerra
mondiale è la prima guerra di massa, una guerra di ideologie.
- Individuate
le rilevanze storiche e conseguentemente a queste, affinché
il processo educativo abbia una sua prosecuzione, vien da sé
l’individuazione di rilevanze formative dei discenti, come dei
docenti e della società tutta. Il bisogno di costruire
corretti rapporti cognitivi fra Presente, Passato e Futuro è
la rilevanza formativa necessaria affinché si possa giungere
ad una concezione di presente immediato e percezione immediata
che porta al presente come storia, quindi memoria visibile,
non solo come macroprocessi storici ma anche come
microprocessi storici.
Il
‘900 è comunque un secolo molto complesso in cui anche il
termine "...di massa" ha un suo preciso significato: si tende alla
massificazione che non è omologazione, bensì si intende
sopratutto partecipazione di massa; al termine massificazione
possiamo in effetti affiancare il termine individualizzazione,
così come anche al termine omologazione possiamo affiancare
differenziazione. E’ il secolo delle donne, il secolo
dei movimenti degli studenti e ciò può aiutare a comprendere
meglio la diversità e complessità del ‘900. Didatticamente
parlando, così come accennato all’inizio, si deve partire
da ciò che è più vicino e comprensibile al
vissuto dei bambini e, nel caso del grado di istruzione superiore,
dei ragazzi: insegnare a leggere il territorio, consente,
direbbe Bevilacqua, di partire dal presente e riconoscere in maniera
critica le tracce di un passato comunque prossimo, che ci aiuta
a comprendere un passato ancora più lontano e a rivedere
in maniera critica e costruttiva, il presente. La presenza di alberi,
nel caso specifico della Calabria gli ulivi, in effetti, hanno una
loro rilevanza storica, essi erano utili per la produzione del sapone
e anche per la filatura dei tessuti; tale presenza di alberi risale
infatti alla rivoluzione industriale. Gli esempi potrebbero essere
molteplici, ma è necessario capire sopratutto che la natura
come la mano dell’uomo concorrono allo svolgersi delle azioni, a
quell’entità razionale che è il processo storico.
Se i giovani avranno chiaro il concetto che dietro le pietre, gli
edifici, i quartieri, il brutto, l’ignobile vi è la mano
dell’uomo, allora comprenderanno anche la possibilità, la
loro possibilità, di migliorare. E’ naturale che
ogni sforzo compiuto in tali termini, deve necessariamente essere
supportato da una rigorosa scientificità, che sia anche convenevole
con i mezzi più adeguati alle capacità degli allievi.
I metodi di raccolta dati, l’individuazione delle fonti e la conseguente
individuazione dei contenuti adeguati, potranno portare gli allievi
ad essere essi stessi un laboratorio di storia. Il laboratorio,
non è un posto polveroso ove si ritrovano scritti noiosi
e antiquati, ma è l’organizzazione di tutte quelle fonti,
di ogni genere e tipo che gli allievi riusciranno a creare intorno
a sé. Gli studenti impareranno a cogliere le tracce del passato
ovunque posino l’occhio fino a percorrerli in loro stessi, nel loro
agire e fin quando diventeranno elementi di autoconsapevolezza.
Elementi sparsi possono in effetti comporsi in un quadro definito
fino ad assumere un senso.
Insegnare
a leggere il territorio è in effetti la modalità vincente
per far sì che i nostri allievi siano consapevoli della loro
identità, vivendo coscientemente la propria dimensione, con
la fiducia di poter essere i protagonisti del proprio futuro, senza
per questo disperdere le proprie energie e lasciare che il loro
"destino" si evolva in maniera selvaggia. Ogni cosa, tuttavia, deve
anche evolversi tenendo conto che se ieri era il calamaio lo strumento
di lavoro dei nostri allievi, oggi c’è la necessità,
per evitare di vivere due dimensioni diverse che potrebbero solo
creare ansia, dispersione e sfiducia nelle proprie capacità,
di considerare il computer, abbandonata la poltrona che lo vede
mistificato, a volte esorcizzato e comunque molto discusso, il mezzo
più idoneo a far sì che la storia si ricostruisca
e che rimanga come lavoro di ricerca sempre valido e aggiornabile.
Se
bisogna partire dal proprio vissuto ricercando nell’ambiente in
cui si vive una traccia del proprio passato, allora tutte le esperienze
che si andranno a raccogliere e che secondo le modalità di
procedimento verranno trattate, rimescolate e ancora rielaborate
per essere alla fine presentate come prodotto finale in una veste
abbastanza specifica, è necessario che vengano catalogate
e archiviate per mezzo del supporto multimediale, potranno così
, in ogni occasione, essere rielaborate e riadattate. Realizzare
CD-ROM non è più una prerogativa di pochi, ma CD-ROM
che non vengano alla fine dell’attività riposti in un fondo
di cassetto o archiviate in bella mostra nelle librerie della scuola,
sono veramente pochi. Più che di un prodotto finale già
confezionato sarebbe in effetti opportuno far navigare tutto
quel lavoro che rimane nascosto nei file del computer della nostra
scuola. Il laboratorio della scuola che abbiamo già
dichiarato non deve rappresentare quel posto paurosamente polveroso,
pieno di carte che sono anche difficili da amministrare, è
in effetti quella organizzazione che dovremo essere capaci di dare
a tutte le ricerche che pazientemente e con gran volontà
ogni allievo ha portato avanti partendo dalla sua esperienza concreta.
Allora sulla base di quanto detto, si nota che il presente progetto
non è uno sforzo per far obbligatoriamente rientrare il multimediale
dappertutto, ma è un nuovo modo per portare avanti l’azione
di insegnamento e dell’apprendimento entrambe attivi.
Il
lavoro di ricerca attivo verrà quindi rielaborato e riorganizzato
in forma multimediale: la raccolta di foto che altrimenti se non
scandite e archiviate non potrebbero essere riutilizzate da altri
gruppi, se non dai ragazzi che le hanno reperite e finirebbero a
marcire nei sottoscala della scuola, potrebbero costituire il punto
di partenza di ulteriori lavori in altre situazioni e permetterebbero
la conoscenza di realtà difficilmente individuabili da estranei
all’ambiente oggetto di osservazione.
Le
tradizioni, quelle vere e non quelle presunte dai giornali, dai
libri di testo verrebbero raccontate dai protagonisti del luogo
con un trasporto emozionale che purtroppo si tende ad eliminare;
ad esempio molti dialetti Italiani vengono inglobati in pochi altri
che hanno in comune solo i confini spaziali, fornendo pertanto una
conoscenza storica che non ha nulla a che vedere con la rigorosità
scientifica, sua principale caratteristica in termini di cosciente
conoscenza.
Il
laboratorio di storia è un posto che si vive, si respira
e si costruisce con metodicità e pertanto non può
soltanto rappresentare un’occasione di rielaborazione del materiale
reperito in chiave moderna, giusto per dare un respiro agli allievi
troppo abituati a studiare la storia sui libri per poi vederlo come
un incentivo "per andare a scuola più volentieri", ma deve
costituire un reale vantaggio per imparare a vivere socialmente...
Il
presente progetto va a giusta causa, per le ragioni fin qui esplicitate,
inserito nell’ambito del progetto "Scuola Cablata" che se fino a
poco tempo fa ritenevo fosse un progetto futuristico, ad oggi ha
necessità di divenire realtà. Scuola Cablata, perché
non si può ancora pensare di scrivere soltanto progetti fini
a se stessi che considerano solo alcuni aspetti dell’azione educativa,
ma che diventino supporti educativi permanenti. |