26-05-2006 | |
Foto di classe: Italiascuola è in grado di dare chiarimenti | |
Il 22 maggio, il "Corriere della Sera" ha pubblicato la lettera di un lettore della Provincia di Vicenza Per la privacy addio foto di classe, informato dalla figlia, insegnante di scuola elementare, che "quest'anno, per disposizione del ministero e al fine di tutelare la privacy, non si faranno le tradizionali foto di classe. Stesso provvedimento durante i giochi della gioventù di fine anno". Seguono lamentele circa l'eccesso di zelo e la bizzarria della decisione.
Il giorno dopo, il 23 maggio, il "Corriere della Sera" ha ospitato una puntuale risposta dell'ufficio stampa del Garante per la privacy Privacy: eccesso di zelo nelle scuole, in cui si chiariva che le ragioni di privacy addotte dalla scuola erano solo "supposte". Come chiarito in diverse occasioni dal Garante, e citiamo a titolo di esempio il comunicato stampa del 17 dicembre 2003, "l'uso di videocamere o macchine fotografiche per documentare eventi scolastici o conservare ricordi dei propri figli non ha niente a che fare con le norme sulla privacy. Si tratta, infatti, di immagini (…) raccolte per fini personali e destinate a un ambito familiare o amicale: il loro uso quindi è del tutto legittimo". Effettivamente molte scuole stanno cessando la consuetudine delle foto di classe: sono spaventate da possibili (e ingiustificate) violazioni della privacy, o dall'idea di dover produrre alcune centinaia di documenti contenenti richieste di consenso al solo fine di tenere in vita questa tradizione. Il tema delle riproduzioni fotografiche a scuola è molto, molto sentito, e oggetto di false interpretazioni: Italiascuola riceve settimanalmente quesiti, oltre che sulle foto di classe, su come comportarsi, per esempio, per le foto sul sito Web o sul giornalino dell'Istituto. Vorremmo fugare una volta per tutte i dubbi su queste fattispecie. Per farlo, abbiamo intervistato Giovanni Buttarelli, Segretario Generale del Garante per la protezione dei dati personali, che ha chiarito anche altre questioni spinose per le istituzioni scolastiche. Il caso dal quale partiamo è quello delle foto di classe: molte scuole smettono di farle fare, perché temono l'illecito o di dover produrre un numero spropositato di richieste di consenso. Sono timori fondati? Conferma che le scuole non devono mai richiedere il consenso? Parliamo delle scuole pubbliche? Certamente. Le scuole private hanno fattispecie per le quali devono richiedere il consenso, ma le scuole statali, in quanto enti pubblici operanti per fini istituzionali, che sono quelli di educazione e formazione degli allievi, non hanno obblighi di richiesta di consenso. Tra l'altro, la questione del consenso informato all'interno delle scuole è mal posta: o le scuole effettuano dei trattamenti consentiti, oppure no. Nel secondo caso, i trattamenti sono semplicemente illeciti, e nessun consenso può mai sanarli, rendendoli leciti. Quanto alle foto di classe, ci siamo già espressi sulla piena ammissibilità di riprese video e fotografie raccolte dai genitori, durante recite e saggi scolastici. Quindi i timori sono del tutto ingiustificati. Effettivamente, la risposta del suo collega al Corriere della Sera assimila le riprese e le foto dei genitori alle recite, alle foto di classe. In quest'ultimo caso, forse sussiste un elemento di maggiore complessità: il concorso di un professionista che viene a scuola e di solito rivende lui stesso le foto agli alunni. Occorre che la scuola richieda garanzie di sicurezza al fotografo circa la conservazione delle fotografie? Direi di no. Il fotografo è legittimato a conservare i negativi ai sensi della legislazione sulla tutela del diritto d'autore. Qualche situazione rilevante ai sensi della privacy può venirsi a creare nel caso in cui il fotografo pubblichi, sul sito dello studio fotografico, miniature delle foto che i clienti possono scaricare e di cui possono richiedere lo sviluppo. Ci siamo occupati di casi del genere per le fotografie di matrimoni o di cerimonie, ma se si entra in queste fattispecie il rapporto è esclusivo tra le famiglie e il fotografo e nulla ha a che fare con la scuola. Sempre sulle foto di foto di classe, sono state date interpretazioni più caute, assimilando il ruolo del fotografo a quelli elencati dal Garante in due pronunce risalenti al dicembre del 1998, quelli di una società che fornisce per un ente pubblico servizi concernenti la stampa e l’elaborazione dei cedolini di stipendio dei dipendenti del titolare del trattamento, o di un laboratorio fotografico cui viene affidato il trattamento di dati dei contravventori, ottenuti con apparecchiature del tipo autovelox. È corretta un'analogia del genere? Nei casi ricordati, si configura un vero e proprio outsourcing, un'esternalizzazione di alcune attività dell'ente pubblico. In questo caso, il ruolo del fotografo è assolutamente marginale rispetto alle attività scolastiche: si tratta di un semplice artigiano che viene per scattare delle fotografie e le offre agli studenti dietro compenso. La questione delle riproduzioni fotografiche investe anche altre questioni delle attività scolastiche. I capi d'istituto chiedono ragguagli sulla possibilità di pubblicare fotografie degli studenti e del personale sui giornali di istituto e sul sito Web della scuola. Come si devono comportare in questi casi? Per dare una soluzione certa, bisogna esaminare la finalità della pubblicazione di una fotografia sul giornalino o sul sito. In linea di massima però non vi sono particolari obblighi cui sottostare: le scuole pubblicano fotografie sul giornalino e sul sito per pubblicizzare le attività dell'istituto, dare una visibilità educativa agli alunni delle classi, indicare il vincitore di una gara o di un concorso che dà lustro alla scuola. In tutti questi casi, il trattamento è legittimo. Per la pubblicazione sul sito Web, si può adottare la soluzione "creativa" di considerare il sito Web come il giornale on line della scuola, con piena facoltà di pubblicazione delle foto. In questi casi, occorre registrare le testate cartacee o telematiche dell'istituto presso i locali tribunali? Non ce n'è bisogno: l'analogia tra testata telematica e cartacea resta interna alla scuola. Sono diversi i casi di Enti pubblici, Comuni e singoli uffici che costituiscono un giornalino interno con finalità informative, senza un particolare obbligo di registrazione. Passiamo ad altri casi critici per scuole: la maggior parte delle scuole sottoscrive una polizza integrativa e facoltativa a beneficio degli alunni, nel caso in cui questi si facciano male. Essendo una procedura non necessaria, c'è chi valuta come opportuna in questo caso, e solo in questo caso, la richiesta di consenso informato ai genitori… Il fatto che certi atti siano facoltativi non vuol dire affatto che non facciano parte dei compiti istituzionali della scuola. Anche in questo caso, mancano i requisiti per una richiesta di consenso. Il problema però si crea quando lo studente subisce un infortunio. Per la richiesta di risarcimento del danno, occorre che la scuola comunichi diagnosi e prognosi dell'infortunato alla compagnia assicurativa, ma non può farlo, perché l'ente pubblico non può trasmettere dati sensibili, in assenza di norma o regolamento. Abbiamo notizia di scuole che fanno trasmettere diagnosi e prognosi degli studenti direttamente dai genitori all'assicurazione. Questa può essere una soluzione. Al momento, non ricordo se la bozza di regolamento del Ministero dell'Istruzione su cui abbiamo espresso parere positivo contenga la possibilità di inoltrare la diagnosi e la prognosi degli studenti all'assicurazione (abbiamo svolto una breve indagine e la procedura è contenuta nella bozza provvisoria del Regolamento ndr), ma una soluzione alternativa può essere che le famiglie consegnino in busta chiusa i referti medici degli studenti infortunati alle scuole, e che queste li trasmettino direttamente alle compagnie assicurative. Un'ultima questione riguarda la difficoltà delle scuole a trattare dati sensibili "con tecniche di cifratura o mediante l'utilizzazione di codici identificativi o di altre soluzioni che, considerato il numero e la natura dei dati trattati, li rendono temporaneamente inintelligibili anche a chi è autorizzato ad accedervi e permettono di identificare gli interessati solo in caso di necessità". Le scuole utilizzano software di trattamento dati standardizzati, che spesso non consentono la temporanea cifratura dei dati. Come si devono comportare? Il Codice parla di "altre soluzioni" che consentono ugualmente di rispettare la norma. Anche in quest'ultimo caso si tratta di essere creativi, per esempio creando un piccolo foglio di calcolo accessorio che separi i dati oggetto di trattamento da quelli sensibili, non oggetto di trattamento e temporaneamente invisibili. I dati oggetto di trattamento possono essere riversati nella banca dati in un momento successivo, a cura del personale abilitato alla conoscenza di quei dati sensibili. |
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