Paolo
Manzelli - LRE/EGO-CreaNET
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Il
nostro cervello anticipa continuamente il corso futuro degli eventi;
tale naturale possibilita’ serve e garantire una continuita’ temporale
tra passato, presente e futuro.
Certamente
il Cervello non e’ un apparato "veggente" cioe’ proiettato
solo verso il futuro, ma comunque possiede in parte anche queste
possibilita’. Vediamone scientificamente il perché !
Il
bambino appena nato non "vede nulla" dato che non ha
alcuna possibilita’ di riconoscimento.
Infatti
deve ancora costruire la propria memoria percettiva ricevendo
l'informazione sull’ambiente mediante i sensi che forniscono con
continuita’ le differenze spaziali e le differenze temporali tra
stati successivi degli eventi, permettendo la memorizzandone,
una traccia mnemonica necessaria per attuare il riconoscimento
significativo della percezione visiva.
Il
riconoscimento mnemonico permette infatti di attuare una distinzione
tra i singoli eventi percepiti ed il flusso continuo di ciò
che è percepito attraverso i sensi, permettendo di focalizzare
e stabilizzare la percezione delle informazione ricevuta dai sensi.
La
memoria serve –pertanto- a dare un senso riconoscibile ad una
informazione che di per se stessa non ne ha alcuna, essendo composta
solo da una collezione di passate differenze informative recepite
per via sensoriale.
Tale
ragionamento serve a capire che il cervello, utilizzando differenti
modalità di integrazione delle aree che memorizzano a breve
e lungo termine, compie una duplice funzione attribuibile alla
parallela attivita’ dei due emisferi cerebrali.
Infatti
mentre da un lato il cervello tende a compiere una categorizzazione
seriale degli stimoli sensoriali suddividendoli, nella memoria
a lungo termine, in categorie riconoscibili come sensazioni, dall’altro
tende a dare significato anticipativo alla informazione elaborando
(con modalita’ sinergiche piu’ proprie della memoria a breve termine),
un pronostico necessario per interpretare la dinamica degli eventi,
evitando in tal modo una scissione della coscienza tra passato,
presente e futuro.
Possiamo
avvalorare tale interpretazione della percezione ricordando ad
esempio il fatto che quando (noi occidentali) andiamo in Cina
gli asiatici ci appaiono tutti simili, così come per loro
sembriamo a prima vista sostanzialmente tutti uguali quando vengono
da noi.
Cio’
accade perche’ il cervello nella sua categorizzazione mnemonica
tende a costruire un modello dei tratti caratteristici del volto
mediando le informazioni tra tutte le facce note in modo da poter
riconoscere piu’ facilmente le minime differenze tra un volto
ed un altro.
L’europeo
–quindi- costruisce i volti sulla base di un modello, ma se il
modello del volto dei cinesi e fortemente diverso il cervello
deve rielaborare una nuova categoria partendo a mediare i connotati
disponibili delle facce visibili nel nuovo ambiente così
da poterne nuovamente apprezzare le minime differenze rispetto
al nuovo modello cognitivo e distinguere nuovamente ciascun volto.
L’uomo
evidentemente è piu’ sensibile ai volti umani a partire
da quello della mamma, ma un tale andamento di riconoscimento
percettivo avviene anche per tutte le altre cose osservabili.
Certamente
senza una contemporanea funzionalità di ricostruzione anticipativa
della dinamica degli eventi ci ritroveremo a vivere in un gap
temporale che viene compensato proprio dalla innata capacità
intuitiva ed immaginativa che si ritiene gia’ sviluppata nella
vita intra-uterina e che inoltre durante la vita ci disponiamo
ad allenare frequentemente sognando.
La
storia della scienza è una dimostrazione di come il cervello
sappia elaborare l’immaginario percettivo generando logiche interpretative
con cui vengono affrontate le problematiche osservate per dimensionare
un pronostico anticipativo degli eventi e, pertanto, per esplorare
il futuro
Oggi
le "neuroscienze cognitive" hanno iniziato a comprendere
le basi neurologiche per mezzo delle quali il cervello acquisisce
una percezione significativa del mondo generando una percezione
visiva che altro non è che lo scenario delle nostre interazioni
possibili con l’ambiente in cui viviamo.
In
conclusione oggi ci troviamo a dover rivedere le concezioni che
in passato hanno fatto ritenere che il vedere con gli occhi, avvenisse
creando una immagine impressa direttamente sulla retina, così
come fa una macchina fotografica, per poi essere poi trasmessa
e memorizzata dal cervello similmente a cio’ che avviene nello
sviluppo di una pellicola fotografica.
In
vero tale interpretazione e’ evidentemente ormai obsoleta anche
perche’ non prende nella benche’ minima considerazione il fatto
che comunque infine siamo noi a vedere la fotografia.
Pertanto
dobbiamo considerare che tale interpretazione delle nostre modalità
di vedere e’ stata basata su un modello meccanico della percezione
che e’ stato concepito con troppa semplicita’ proprio in quanto
in realtà nell'occhio non si rileva alcuna immagine gia’
descritta, ne’ come forma e neppure come colore.
La
retina è invece un ricettore di un flusso di informazione
che viene canalizzato da sistemi a duplice di polarizzazione per
attuare una doppia analisi significativa nei due emisferi cerebrali
del cervello che nella loro sintesi costruiscono interattivamente
il mondo che vediamo come previsione delle nostre possibili interazioni
con l’ambiente.
Un
caro saluto Paolo Manzelli
FIRENZE
(di ritorno da Pisa) 06/03/2004
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Director
of LRE // EGO-CreaNET - PAOLO MANZELLI
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