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Una città con il peggio dell'America 
di Linda Isabella Lidia Giannini


E’ da molto che ci penso e più passa il tempo e più non mi sembra di vivere in una città italiana. Pensiamo all’Italia, alla sua storia, alla sua cultura, alle sue antiche città ... e di colpo, solo a pochi chilometri dalla grande Roma... o da Napoli, anch’essa con un passato ricco ... ci troviamo proprio al centro una piccola America. Prima del ’32 era palude e già Leonardo da Vinci aveva ipotizzato la sua bonifica. Ecco poi arrivare il grande sogno di una terra da bonificare e da donare ai più volenterosi. Una sorta di Oklahoma, sogno di emigranti e di povera gente senza uno spazio per vivere.

E di gente volenterosa ne è venuta da queste parti; persone per lo più povere, con poca cultura ma tanta tanta speranza di costruire una vita migliore per la propria famiglia. Senza entrare nello specifico della politica (perché non mi sembra ancora il caso di calarla in questo quadro iniziale), ipotizzo un primo periodo in cui tutti si aiutavano per la buona riuscita della causa. Finito di bonificare ecco una situazione terriera così divisa: mezzadri da un lato e neo proprietari di casali dall’altro.

Ancora poco tempo da dedicare alla scuola e tanto al lavoro. Ed ecco anche l’ascesa dei primi commercianti. Pochi svaghi in questa sorta di Far West, sino alla scoperta del SALOON (ovvero il Circolo cittadino locale), ove perdere al gioco proprietà o vincere danaro. Nel pieno rispetto della tradizione: donne a casa e bambini precocemente inseriti nel mondo del lavoro... famiglie patriarcali e numerose.

Signorotti della città divenivano pian piano i primi laureati, in grande contrasto con il resto della popolazione avente il minimo dell’istruzione... e per consolidare il potere dei pochi, queste famiglie "potenti culturalmente" si imparentavano con le poche famiglie "potenti economicamente" generando figli potenti in tutti i sensi.

Intanto i grandi proprietari terrieri (es. la storica famiglia Caetani e la meno storica famiglia Sbardella) godevano servigi: povere famiglie riverenti e servizievoli che oggi, per lo più sono divenute proprietarie proprio di quei poderi dove i nonni avevano consumato lunghi periodi di duro lavoro.

Col passar del tempo la eco di una sorta di isola felice si estendeva per il resto dell’Italia ed immigravano persone in massa. Allettante la prospettiva di una città giovane, tutta da inventare, posta in pianura, a breve distanza dalle colline, dal mare, dal lago e da due città molto importanti, quali Roma e Napoli.

La città cominciava a dividersi in quartieri rigidi: veneti, campani, siciliani... Per quanto riguarda questi ultimi, non si è trattato sempre di un vero e proprio aspetto positivo in quanto il confino dei mafiosi aveva determinato l’avvento della mala, generando una sorta di mafia locale (con questo non voglio dire che tutti i siciliani sono mafiosi!).

Le caratteristiche di questi quartieri rigidi ricordano molto quelli americani: little Italy, africano, ebraico, spagnolo.... La massima chiusura all’esterno ed il consolidarsi del peggio della tradizione. Ricordo quando otto anni fa andai a trovare i miei zii in Sud Africa: vivevano proprio così, chiusi in un ambiente esclusivamente italiano posto in una paese straniero.

Tutti vedevano il peggio delle trasmissioni italiane (ricevute in video cassette da parenti o amici) ed ascoltavano canzoni italiane ormai anacronistiche. Il massimo della non integrazione !

Tornando a noi, tutte le famiglie che avevano pian piano raggiunto una sorta di benessere economico, cominciavano a negare a se stessi ed ai propri figli l’esistenza di un periodo precedente fatto di fatica e di sacrifici sino ad arrivare ad oggi dove sembra che non sia mai esistito un passato e dove si ripercorrono i grandi errori della storia come, per esempio, l’intolleranza razziale.


(raccontino di calip = linda isabella lidia giannini)

© Linda Giannini calip@mbox.panservice.it 1998
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